La scuola è il luogo in cui infiammare le menti dei più giovani per una società migliore ed un futuro credibile per tutti. A causa della pandemia, le istituzioni hanno dovuto studiare e, successivamente,
mettere in atto misure che potessero soddisfare il diritto alla salute e il diritto allo studio.

Dopo un primo periodo turbolento e incerto, legato alle problematiche della FAD, quali analfabetismo digitale degli insegnanti, sperequazione economica dei bambini e dei ragazzi nel munirsi dei dispositivi per la loro formazione, ad oggi, la situazione sembra essere migliorata. Ciononostante non mancano i dibattiti sul punto: all’uscita da scuola, al parco, sui gruppi Whatsapp, in televisione.
Le conoscenze acquisite sinora sul coronavirus ci dicono che nella stragrande maggioranza dei casi il virus si trasmette in modo diretto da un individuo all’altro attraverso le vie respiratorie, trasportato dalle goccioline emesse quando si starnutisce, tossisce o mentre si parla. Un primo livello di azione riguarderebbe, pertanto, la minimizzazione del rischio che il virus entri negli edifici scolastici. E’ importante, quindi, che ciascun alunno o insegnante, che sappia di essere stato a contatto con un
individuo risultato positivo, rimanga a casa fino a quando non conosca l’esito del tampone.
Del resto, la scuola, è considerata, da sempre, una palestra di socialità, in cui s’impara a stare in relazione con l’altro, ove si testa il senso della parola “responsabilità”. La parola responsabilità, deriva dal verbo latino respondire, che letteralmente significa: “rispondere”. Composta da due particelle: responso e abile. Il termine indica una persona abile -capace – di emettere un responso. La responsabilità è un’abilità superiore della mente, strettamente connessa al pensiero.
A tal proposito, una delle problematiche emergenti è quella che riguarda la responsabilità a cui vanno incontro i dirigenti scolastici nello svolgimento delle loro funzioni. La situazione emergenziale ha allarmato tutti i datori di lavoro, fra cui i dirigenti scolastici, preoccupati di vedersi allargate le maglie della propria responsabilità civile e penale.
Le Autorità competenti rassicurano la categoria, affermando che il riconoscimento della responsabilità penale, a seguito del contagio, si dovrà fondare su un giudizio rigoroso di verifica del nesso causale e dei profili di sussistenza e di determinazione
dell’elemento soggettivo (dolo e colpa grave), tali per cui si potranno escludere interpretazioni penalizzanti per i dirigenti scolastici, laddove quest’ultimi abbiano osservato ed adottato tutte le specifiche cautele e misure organizzative e protettive
previste dai protocolli e linee guida adottati dalle istituzioni scolastiche.

Al di là dei risvolti prettamente giuridici, il buon esempio dato dai dirigenti scolastici in questo periodo, insieme a quello degli insegnanti e dei genitori, permetterebbe alle nuove generazioni di comprendere appieno come le azioni personali di ciascuno, si
ripercuotono inevitabilmente nella vita delle altre persone, sia in positivo che in negativo.

Per questo, è fondamentale che a scuola si impari non solamente ad orientare i comportamenti verso il bene comune, ma anche ad essere in grado di dipanare i conflitti con maturità. Purtroppo, per alcune persone incolpare gli altri è ancora una modalità di uso quotidiano, per poter allontanare da sé le responsabilità. Una persona matura, invece, è capace di ascoltare i propri bisogni e di emettere un “responso” nel momento in cui questi bisogni si incontrano, o si scontrano, con i bisogni degli altri.

In tal senso la mediazione civile e commerciale, quale metodologia alternativa alla risoluzione del conflitto, è un luogo d’eccellenza per poter esprimere la nostra maturità, la nostra intelligenza, il nostro senso di responsabilità.
L’unica persona che non può essere aiutata è quella che getta la colpa sugli altri, rimanendo, per questo, da sola e insoddisfatta.